Una volta seduto, Mansani si allentò la sciarpa, perché la lana gli dava prurito al mento; si sfilò i guanti, buttò indietro il cappello, e tirò fuori il pacchetto di Macedonia dalla tasca interna della giacca. La prima sigaretta della giornata: la migliore. L’accese, l’aspirò profondamente, e ricacciò il fumo dalla bocca e dal naso.
La carrozza era semivuota, ma si sarebbe riempita strada facendo. Erano sei mesi che partiva a quell’ora, e i viaggiatori abituali li conosceva tutti. Operai per la maggior parte; qualche studente, qualche altro impiegato. Il giovedì viaggiava anche gente di campagna, contadini, fattori: e quelli che salivano a San Vincenzo, non trovavano più da sedere.
Mansani si levò il cappello, appoggiò la testa alla spalliera e chiuse gli occhi. Un minuto dopo, s’era assopito. Aprì gli occhi quando il treno si mosse; cambiò posizione e si riaddormentò.
Si svegliò passato Vignale. Il sole s’era appena levato; il cielo appariva sgombro. Mansani si stirò: gli faceva piacere che fosse una bella giornata, anche se lui l’avrebbe passata chiuso in ufficio. Si levò l’impermeabile e lo pose sulla reticella. Il cappello lo lasciò invece sul sedile davanti, per tenere il posto a Franceschino.
Carlo Cassola, da Una relazione, Testo base (196 parole)